Cari fratelli e sorelle, buon giorno!
abbiamo già avuto modo di rimarcare che i tre Sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell’Eucaristia costituiscono insieme il mistero della «iniziazione cristiana», un unico grande evento di grazia che ci rigenera in Cristo e questa la vocazione fondamentale che accomuna tutti nella Chiesa, come discepoli del Signore Gesù. Ci sono poi due Sacramenti che corrispondono a due vocazioni specifiche: si tratta dell’Ordine e del Matrimonio. Essi costituiscono due grandi vie attraverso le quali il cristiano può fare della propria vita un dono d’amore, sull’esempio e nel nome di Cristo, e così cooperare all’edificazione della Chiesa.
L’Ordine, scandito nei tre gradi di episcopato, presbiterato e diaconato, è il Sacramento che abilita all’esercizio del ministero, affidato dal Signore Gesù agli Apostoli, di pascere il suo gregge, nella potenza del suo Spirito e secondo il suo cuore. Pascere il gregge di Gesù con la potenza non di forza umana o la propria potenza ma dello Spirito e secondo il suo cuore il cuore di Gesù che è un cuore di amore; il sacerdote, il vescovo, il diacono deve pascere il gregge del Signore con amore, se non lo fa con amore, non serve. E in tal senso, i ministri che vengono scelti e consacrati per questo servizio prolungano nel tempo la presenza di Gesù. Se lo fanno con il potere dello Spirito Santo, in nome di Dio e con amore.
Un primo aspetto. Coloro che vengono ordinati sono posti a capo della comunità. Sono “a capo”, sì, però per Gesù significa porre la propria autorità al servizio, come Lui stesso ha mostrato e ha insegnato ai discepoli con queste parole: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Un vescovo che non è al servizio della comunità non fa bene, un sacerdote, un prete che non è al servizio della sua comunità non fa bene, è sbagliato.
Un’altra caratteristica che deriva sempre da questa unione sacramentale con Cristo è l’amore appassionato per la Chiesa. Pensiamo a quel passo della Lettera agli Efesini in cui san Paolo dice che Cristo «ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga». In forza dell’Ordine il ministro dedica tutto se stesso alla propria comunità e la ama con tutto il cuore: è la sua famiglia. Il vescovo e il sacerdote amano la Chiesa nella loro comunità e la amano fortemente, come Cristo ama la Chiesa: lo stesso dirà san Paolo del matrimonio: lo sposo ama sua moglie come Cristo ama la Chiesa; è un mistero grande d’amore questo del Ministero e del Matrimonio, i due Sacramenti che sono la strada per la quale le persone abitualmente vanno come Sacramento al Signore.
Un ultimo aspetto. L’apostolo Paolo raccomanda al suo discepolo Timoteo di non trascurare, anzi, di ravvivare sempre il dono che è in lui: il dono che gli è stato dato per l’imposizione delle mani. Quando non si alimenta il ministero del vescovo e il ministero del sacerdote con la preghiera, con l’ascolto della Parola di Dio, con la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia e anche con una frequentazione del Sacramento della Penitenza, si finisce inevitabilmente per perdere di vista il senso autentico del proprio servizio e la gioia che deriva da una profonda comunione con Gesù. Il vescovo che non prega, il vescovo che non sente e ascolta la Parola di Dio, che non celebra tutti i giorni, che non va a confessarsi regolarmente, e lo stesso il sacerdote che non fa queste cose, alla lunga perde l’unione con Gesù diventando una mediocrità che non fa bene alla Chiesa; per questo, dobbiamo aiutare i vescovi e i sacerdoti a pregare, ad ascoltare la Parola di Dio che è il pasto quotidiano, a celebrare ogni giorno l’Eucaristia, e andare a confessarsi abitualmente e questo è tanto importante perché va alla santificazione propria dei vescovi e dei sacerdoti.
Io vorrei finire anche con una cosa che mi viene in mente: ma, come si deve fare per diventare sacerdote? Dove si vendono le entrate? Non si vendono, l’iniziativa la prende il Signore. Il Signore chiama, chiama ad ognuno che vuole che diventi sacerdote e forse ci sono alcuni giovani qui che hanno sentito nel loro cuore questa chiamata: la voglia di diventare sacerdoti, la voglia di servire gli altri nelle cosa che vengono da Dio, la voglia di essere tutta la vita al servizio per catechizzare, battezzare, perdonare, celebrare l’Eucaristia, curare gli ammalati, tutta la vita così. Se qualcuno di voi ha sentito questo nel cuore, è Gesù che lo ha messo lì! Curate questo invito e pregate perché questo cresca e dia frutto in tutta la Chiesa. Grazie.